Sia messo agli atti sin da subito: questo post è stato scritta PRIMA dei risultati ufficiali del referendum costituzionale 2016, pertanto non sto dicendo che i vincitori sono ignoranti, ma sto per iniziare una riflessione che mi sento obbligato a condividere.
Quelli hanno il nostro stesso diritto di voto, scrivono in molti sui social, stupendosi che l'analfabeta funzionale possa, anzi, debba dirigersi alle urne ad esprimere la sua preferenza. Sacrosanto diritto, sacrosanto dovere, purché sia avvallato da ragionamenti ponderati, riflessioni individuali sensate a loro volta maturate su letture di articoli, documenti, libri, blog e frasi vere, inappuntabili, sincere.
Purtroppo, però, molto spesso il popolo dei social si lascia ingannare dalle bufale che girano sul web con il solo scopo di confondere, disinformare, diffondere leggende metropolitane facilmente smontabili con una banalissima ricerca google. Allora perché queste persone non fanno nulla per informarsi attentamente? Perché, mi chiedo, è così difficile gestire l'apporto di informazioni che derivano dai vari mezzi di comunicazione?
Molto spesso, assieme alla frase sopracitata, mi ritrovo la home di Facebook intasata da post falsi, da immagini populiste e da teorie facilone su qualunque argomento riguardi la vita politica del nostro Stato: dalle cospirazioni, agli aerei di Stato acquistati per scopo personale, alle matite succhiate e condivise arrogantemente come complotto da figure più populiste che popolari. Il risultato? Disinformazione in aumento, perché i social danno diritto di parola a tutti, indiscriminatamente. E, se l'attivismo politico è rappresentato da personaggi come Piero Pelù, Fedez, Povia, se i nostri eroi sono gli studenti che dai banchi dell'università zittiscono importanti cariche politiche (fallacemente, perché la risposta del mondo politico c'è, eccome se c'è! Basta cercarla), o attori che fino al giorno prima trattavano di figa, tette, pompini, sborrate ed oggi si sentono in dovere di gridare che bisogna votare in un modo solo per non essere inculati, allora chiaramente la risposta politica, almeno sui social, almeno sui media, deve abbassare i toni. E diventare deficiente.
L'informazione, pur di arrivare a tutti, sta giocando al ribasso, alimentando un circolo vizioso di diffusione di notizie mirato, proliferando in confini isola(n)ti all'interno dei quali ognuno di noi si rinchiude, escludendo il dibattito costruttivo, evitando l'educato scambio di opinioni, scartando coscienziosamente l'idea di ascoltare anche l'altra campana. Questo modo grottesco, allarmante di percepire il mondo prolifera proprio grazie ai social: voti Grillo? Perfetto, basta escludere i post di tutte le pagine piddine dalla propria home e il gioco è fatto. Viceversa per i Renziani e così via per tutte le fazioni politiche. Calcoli matematici che valutano i nostri click affinché ci si senta coccolati tra le fittizie sicurezze dei nostri credo: un sistema che funziona quando si tratta di invogliare le persone all'acquisto di prodotti, ma quando tutto questo viene esteso anche al mondo reale, alle scelte collettive, può funzionare allo stesso modo?
L'ignoranza espressa nel titolo, dunque, ha vinto a priori. Ecco perché scrivo questo post prima di sapere il risultato del referendum costituzionale. Perché da entrambe le parti sono veramente pochi gli elettori che hanno scelto coscienziosamente di andare a votare, di esprimere la loro preferenza. La maggior parte sono andati per faziosità, votando di pancia, dicendo SI o NO non sul merito della riforma, ma sulla simpatia provata per le figure populari (permettetemi questo neologismo) che hanno spinto i loro seguaci verso una parte o l'altra, senza contare le due campagne promozionali (entrambe ampiamente discutibili) che hanno spinto il SI e il NO sui social media: ti piacciono i video pubblicitari del comitato per il NO? Avrai sicuramente votato no. E il SI? Quelle belle facce giovani, positive, sorridenti e speranzose ti hanno commosso? Bene, hai messo il tuo segno sul SI.
Chiunque sia il vincitore, non avrà vinto per i giusti motivi, e gli elettori (buona parte di essi) festeggeranno, gioiranno, si ubriacheranno gridando slogan di felicità del tutto immotivati, privi delle vere ragioni che hanno spinto questo popolo alle urne il 4 dicembre 2016. Renzi a casa, potere al popolo, via le banche, l'Italia riparte, il Paese diventa più forte, no anzi viene consegnato all'Unione Europea, governo illegittimo, matite cancellabili, al voto subito, brogli, riconteggio, le dimissioni, la famiglia Boschi, svegliatevi, informatevi, hashtag. Hashtag che nemmeno sanno che cosa significhino, perché non #Bastaunsì per fare ripartire l'Italia da una parte, mentre dall'altra #iodicono, #iovotono, #io #dico #no e tanti altri pezzetti di tag che dimostrano uno schieramento diviso, frammentato, stranito, confuso.
Nel frattempo ho tolto un'ora dal mio soggiorno a Milano per tornare in tempo a Pesaro e votare. Ho fatto il mio dovere civico in un mondo in cui la politica non mi rappresenta da nessuna parte, in nessuno schieramento, in nessuno partito, in nessuna figura; personalità politiche, partiti e movimenti che stanno giocando a chi ne fa di più fuori dal vaso, tra firme false, bugie elettorali, promesse mancate e grandi ritorni dagli anni '90. La politica è ormai spettacolo, teatro grottesco, rappresentazione fittizia della realtà, irreale, occulta, piena di sotterfugi di cui noi resteremo per sempre all'oscuro. Questo Dio lo sa e lo so anche io. E anche Sorrentino.