venerdì 22 aprile 2016

Occhi, denti, libri e film

In un periodo in cui le mie forze fisiche sono poche per via della frenesia che mi è imposta dalla vita, sono comunque riuscito, questa sera, ad accantonare gli impegni e a ritagliarmi qualche minuto per riordinare la mia libreria e, nel frattempo, seguire distrattamente Il villaggio dei dannati, l'opera del 1960 di Wolf Rilla. Intuirete già da voi che questa non sarà una recensione, poiché c'è ben poco che non sia stato detto su questo film, eppure sento il bisogno di scrivere quanto mi è appena accaduto. Non sorprendetevi, poiché è poca cosa, ma è un aneddoto divertente e macabro che qualcuno potrebbe apprezzare.

Stavo, come già accennato, riordinando la mia libreria e offrendo la mia attenzione al film di Wolf Rilla, quand'ecco sopravvenire la scena finale: il dottor Zellaby entra in classe con la sua muraglia ben issata, in modo che i bambini non possano leggere il suo pensiero, finché... beh... succede quel che succede.
La sequenza ha la mia totale attenzione fino all'ultima inquadratura (che potete vedere in calce all'inizio di questo articolo). Stupito, meravigliato ed ammaliato dalla magia del Cinema, resto di sasso con in mano uno dei libri che stavo riordinando sugli scaffali. Lo guardo: Racconti, di Edgar Allan Poe. Un brivido mi corre lungo la schiena, riportandomi con la mente a tanti anni fa quando, per la prima volta, mi infilai tra le pagine di quella raccolta edita da Repubblica, dove scoprii lo sconvolgente mondo della letteratura di Poe.


Il primo racconto che lessi fu Berenice, del 1835, dove si racconta la morbosa passione del protagonista per i denti del personaggio che dà il titolo alla storia:

Io li vedevo ora con minore possibilità di equivoco di quanto li avessi visti allora. I denti! I denti! erano qui, e là, e ovunque, e visibili e tangibili dinanzi a me; lunghi, stretti, innaturalmente bianchi, con le pallide labbra che gli si schiudevano intorno, come nel momento stesso del loro primo spaventoso apparire. [...] Tra i molteplici oggetti del mondo esterno io non avevo pensieri che per quei denti. Per essi deliravo di un desiderio frenetico.

E via discorrendo. Non voglio annoiarvi troppo, vi basti sapere che quella notte, la prima notte della mia vita in cui lessi Edgar Allan Poe, feci fatica ad addormentarmi e, quando finalmente ci riuscii, sognai questi denti innaturalmente bianchi che, ancora oggi, mi perseguitano.

Tutto questo per dirvi cosa, dunque? Che la buona letteratura si riconosce dalla sua resistenza al passaggio dei secoli? No. Che il cinema forte può ancora oggi fare sobbalzare con una semplice idea di regia? Assolutamente, tutto questo è scontato. Volevo solo dirvi che questa notte non dormirò affatto. E, qualora riuscissi ad addormentarmi, sono sicuro che farò meravigliosi incubi in cui appariranno dei denti. E degli occhi. Maledetto Edgar Allan Poe. Maledetto Wolf Rilla. Vi amo.

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