domenica 4 dicembre 2016

Referendum - Quando l'ignoranza vince.


Sia messo agli atti sin da subito: questo post è stato scritta PRIMA dei risultati ufficiali del referendum costituzionale 2016, pertanto non sto dicendo che i vincitori sono ignoranti, ma sto per iniziare una riflessione che mi sento obbligato a condividere.

Quelli hanno il nostro stesso diritto di voto, scrivono in molti sui social, stupendosi che l'analfabeta funzionale possa, anzi, debba dirigersi alle urne ad esprimere la sua preferenza. Sacrosanto diritto, sacrosanto dovere, purché sia avvallato da ragionamenti ponderati, riflessioni individuali sensate a loro volta maturate su letture di articoli, documenti, libri, blog e frasi vere, inappuntabili, sincere.


Purtroppo, però, molto spesso il popolo dei social si lascia ingannare dalle bufale che girano sul web con il solo scopo di confondere, disinformare, diffondere leggende metropolitane facilmente smontabili con una banalissima ricerca google. Allora perché queste persone non fanno nulla per informarsi attentamente? Perché, mi chiedo, è così difficile gestire l'apporto di informazioni che derivano dai vari mezzi di comunicazione?

Molto spesso, assieme alla frase sopracitata, mi ritrovo la home di Facebook intasata da post falsi, da immagini populiste e da teorie facilone su qualunque argomento riguardi la vita politica del nostro Stato: dalle cospirazioni, agli aerei di Stato acquistati per scopo personale, alle matite succhiate e condivise arrogantemente come complotto da figure più populiste che popolari. Il risultato? Disinformazione in aumento, perché i social danno diritto di parola a tutti, indiscriminatamente. E, se l'attivismo politico è rappresentato da personaggi come Piero Pelù, Fedez, Povia, se i nostri eroi sono gli studenti che dai banchi dell'università zittiscono importanti cariche politiche (fallacemente, perché la risposta del mondo politico c'è, eccome se c'è! Basta cercarla), o attori che fino al giorno prima trattavano di figa, tette, pompini, sborrate ed oggi si sentono in dovere di gridare che bisogna votare in un modo solo per non essere inculati, allora chiaramente la risposta politica, almeno sui social, almeno sui media, deve abbassare i toni. E diventare deficiente.


L'informazione, pur di arrivare a tutti, sta giocando al ribasso, alimentando un circolo vizioso di diffusione di notizie mirato, proliferando in confini isola(n)ti all'interno dei quali ognuno di noi si rinchiude, escludendo il dibattito costruttivo, evitando l'educato scambio di opinioni, scartando coscienziosamente l'idea di ascoltare anche l'altra campana. Questo modo grottesco, allarmante di percepire il mondo prolifera proprio grazie ai social: voti Grillo? Perfetto, basta escludere i post di tutte le pagine piddine dalla propria home e il gioco è fatto. Viceversa per i Renziani e così via per tutte le fazioni politiche. Calcoli matematici che valutano i nostri click affinché ci si senta coccolati tra le fittizie sicurezze dei nostri credo: un sistema che funziona quando si tratta di invogliare le persone all'acquisto di prodotti, ma quando tutto questo viene esteso anche al mondo reale, alle scelte collettive, può funzionare allo stesso modo?

L'ignoranza espressa nel titolo, dunque, ha vinto a priori. Ecco perché scrivo questo post prima di sapere il risultato del referendum costituzionale. Perché da entrambe le parti sono veramente pochi gli elettori che hanno scelto coscienziosamente di andare a votare, di esprimere la loro preferenza. La maggior parte sono andati per faziosità, votando di pancia, dicendo SI o NO non sul merito della riforma, ma sulla simpatia provata per le figure populari (permettetemi questo neologismo) che hanno spinto i loro seguaci verso una parte o l'altra, senza contare le due campagne promozionali (entrambe ampiamente discutibili) che hanno spinto il SI e il NO sui social media: ti piacciono i video pubblicitari del comitato per il NO? Avrai sicuramente votato no. E il SI? Quelle belle facce giovani, positive, sorridenti e speranzose ti hanno commosso? Bene, hai messo il tuo segno sul SI.


Chiunque sia il vincitore, non avrà vinto per i giusti motivi, e gli elettori (buona parte di essi) festeggeranno, gioiranno, si ubriacheranno gridando slogan di felicità del tutto immotivati, privi delle vere ragioni che hanno spinto questo popolo alle urne il 4 dicembre 2016. Renzi a casa, potere al popolo, via le banche, l'Italia riparte, il Paese diventa più forte, no anzi viene consegnato all'Unione Europea, governo illegittimo, matite cancellabili, al voto subito, brogli, riconteggio, le dimissioni, la famiglia Boschi, svegliatevi, informatevi, hashtag. Hashtag che nemmeno sanno che cosa significhino, perché non #Bastaunsì per fare ripartire l'Italia da una parte, mentre dall'altra #iodicono, #iovotono, #io #dico #no e tanti altri pezzetti di tag che dimostrano uno schieramento diviso, frammentato, stranito, confuso.

Nel frattempo ho tolto un'ora dal mio soggiorno a Milano per tornare in tempo a Pesaro e votare. Ho fatto il mio dovere civico in un mondo in cui la politica non mi rappresenta da nessuna parte, in nessuno schieramento, in nessuno partito, in nessuna figura; personalità politiche, partiti e movimenti che stanno giocando a chi ne fa di più fuori dal vaso, tra firme false, bugie elettorali, promesse mancate e grandi ritorni dagli anni '90. La politica è ormai spettacolo, teatro grottesco, rappresentazione fittizia della realtà, irreale, occulta, piena di sotterfugi di cui noi resteremo per sempre all'oscuro. Questo Dio lo sa e lo so anche io. E anche Sorrentino.


lunedì 29 agosto 2016

Il destino è quel che è, non c'è scampo più per me


Conobbi il Gene Wilder attore in quel periodo dell'adolescenza in cui ti metti a riscoprire alcuni grandi classici per farli tuoi, metterli nel cuore, custodirli in maniera anche un po' morbosa e arrogante. Me ne innamorai perché amavo Mel Brooks e la sua comicità a volte spicciola e a volte geniale, la sua ironia a metà tra il genio e il demenziale, il pungente e lo sciocco. Inutile dire che Wilder ha contribuito alla parte migliore della carriera cinematografica di Brooks, da Per favore non toccate le vecchiette a Mezzogiorno e mezzo di fuoco (il mio preferito, sebbene tutti lo odino).



Poi volle scrivere, ma era troppo umile per farlo da solo, così chiese una mano all'amico e assieme stesero lo script di Frankenstein Junior. Brooks lo diresse, ma quel parto era per buona parte merito di Wilder. Quando lo scoprii (all'epoca credevo ancora ottusamente che il regista avesse sempre e solo tutto il merito della buona riuscita di un prodotto cinematografico) iniziai ad intravedere qualcosa di più del geniale attore comico in lui, iniziai ad incuriosirmi al suo lato narrativo e alla sua voglia di diventare regista.



Nel 2009, mentre studiavo Regia e Sceneggiatura a Bologna, acquistai il libro Baciami come uno sconosciuto, una biografia romanzata di quel Gene Wilder che voleva tanto diventare attore e che, alla fine, divento molto di più. Da lì appresi il suo lavoro dietro la macchina da presa (anche come regista, per cult come La signora in rosso e pellicole meno note come Il fratello più furbo di Sherlock Holmes) ma, soprattutto, fu con quel libro che decisi che la mia vita non avrebbe più potuto fare a meno del cinema.



Con una naturalezza disarmante e una sincerità affascinante, Wilder raccontava in quel libro come la magia della settima arte lo aveva stregato e catturato, svelando ai lettori lo straordinario mistero della creazione di una sceneggiatura, raccontando le disavventure dietro e davanti la macchina da presa, le litigate con i colleghi e con il regista, per finire con una indimenticabile, meravigliosa descrizione sull'importanza del montaggio cinematografico. Da quel libro ho imparato a capire a fondo Gene Wilder, a sentirlo vicino, come un amorevole sconosciuto a cui vuoi bene perché, in fondo, senti che è una brava persona la quale ti sta dando molto di più rispetto a quello che ti darebbe qualunque altro sconosciuto. Da quelle pagine ho scoperto tutte le sue sofferenze: le fatiche adolescenziali, la perdita della moglie Gilda Radner, i due cancri combattuti e sconfitti. Un uomo sofferente ma vincente, tanto che pensavo fosse immortale. E invece.



Quel libro, scritto con passione, ironia e tanta onestà, ha segnato una pietra miliare nel mio modo di intendere il cinema, aprendomi gli occhi sotto tanti aspetti, ma soprattutto nutrendo e accrescendo il mio senso di meraviglia e la mia sensibilità, due aspetti indispensabili e necessari che, almeno a mio parere, non devono mancare a nessun essere umano che si avvicini al mondo del cinema. Se oggi sono così, insomma, lo devo un po' anche a lui, per cui grazie tante, Gene. 


martedì 16 agosto 2016

Perché me ne sbatto di Suicide Squad

Le parole che seguiranno non prenderanno in considerazione il contenuto e la qualità del film, poiché il sottoscritto non lo ha visto e non ha intenzione di farlo. Chi sta battendo sulla tastiera, però, vorrebbe esternare sotto forma di sfogo blogghistico le motivazioni che lo hanno indotto a scegliere di non fare parte del pubblico di riferimento della pellicola di punta del 2016 della Warner Bros. e, essendo costui temporaneamente menomato (mano destra immobilizzata da valva gessata, le parole sono scritte con la mano sinistra), si sente ancora più giustificato a redigere un articolo brutto, inutile, insensato e che racchiuda al suo interno tutta la frustrazione dell'autore.

domenica 1 maggio 2016

L'ancora

Gettare l'ancora non è come gettare la spugna. Quando getti la spugna molli, lasci andare, aspetti che la corrente ti trascini dove vuole lei. Quando getti l'ancora, invece, lo fai per un motivo, con uno scopo, con l'idea di avere qualcosa di ben chiaro da fare oppure per dare un'occhiata attorno a te, fermarti e respirare. L'ancora, allora, arresta il percorso della barca, la quale fino a quel momento è stata guidata un po' dal vento, un po' dalle maree e un po' dalle tue forze, per poi trovarsi in quel punto preciso dove tu e la tua ancora avete deciso che si sarebbe dovuta fermare.

Così guardi indietro, nella direzione del tragitto che hai appena percorso, noti quante persone si sono gettate in mare per tornare indietro a nuoto piuttosto che continuare il viaggio, poni attenzione a tutti i porti dove hai attraccato, che sembravano così sicuri e pacifici ma che invece ora si stanno sgretolando come neve al sole.

venerdì 22 aprile 2016

Occhi, denti, libri e film

In un periodo in cui le mie forze fisiche sono poche per via della frenesia che mi è imposta dalla vita, sono comunque riuscito, questa sera, ad accantonare gli impegni e a ritagliarmi qualche minuto per riordinare la mia libreria e, nel frattempo, seguire distrattamente Il villaggio dei dannati, l'opera del 1960 di Wolf Rilla. Intuirete già da voi che questa non sarà una recensione, poiché c'è ben poco che non sia stato detto su questo film, eppure sento il bisogno di scrivere quanto mi è appena accaduto. Non sorprendetevi, poiché è poca cosa, ma è un aneddoto divertente e macabro che qualcuno potrebbe apprezzare.

Stavo, come già accennato, riordinando la mia libreria e offrendo la mia attenzione al film di Wolf Rilla, quand'ecco sopravvenire la scena finale: il dottor Zellaby entra in classe con la sua muraglia ben issata, in modo che i bambini non possano leggere il suo pensiero, finché... beh... succede quel che succede.

martedì 12 aprile 2016

Cosa vuoi di più dalla vita?

Le tre età della donna - 1905 - Gustav Klimt
È stata una giornata lunga e pressoché devastante perché, sapete, quando il fato decide di fare il punto della situazione per te - e con te, ecco che alla fine ti ritrovi lievemente disarmato e adeguatamente amareggiato.

La mattinata si è conclusa con una bella chiacchierata con il capo per migliorare le cose al lavoro e fare in modo di produrre al 100% e non al 65%. Una chiacchierata di un'ora in cui fondamentalmente si è risolto un po' tutto, ma quel tutto è ancora da pianificare per i quindici giorni del mese a venire.

domenica 10 aprile 2016

Cingoli? Cingoli. Davvero? Eh no!


Ma che ci faccio io a Cingoli? Da quando in qua mi interesso di corse, di motori, di cross, di piste, di gare, di competizioni adrenaliniche? Cosa strana, in effetti, ma quando il rischio è quello di avere sulla coscienza la vita di un'amica che ha fatto le cinque del mattino lavorando in un locale come fotografa per poi partire per un servizio a Talacchio e di nuovo di corsa fino a Cingoli, beh, qualcosa si scuote dentro di me e decido di accompagnarla in questo viaggio che chissà cosa mai potrà dare ad uno come me. 

Arriva la mattina ed apro gli occhi (in ritardo perché vuoi mai che alla sveglia venga in mente di suonare quando dovrebbe?), preparo le mie belle cosine e, una volta vestito, inserisco la mia bella scheda SD nella mia bella videocamera portatile, mi metto il cavalletto in spalla ed esco di casa.